domenica 16 giugno 2013

Sculture in pietra di Francesco Uccheddu



La scultura è la prima forma espressiva, ancor prima della parola scritta, che l'uomo ha utilizzato per concretare aspetti dell'immaginazione o della realtà circostante. Le prime forme figurative compaiono già nell'età paleolitica (età della pietra grezza). Ne sono rimaste testimonianze costituite da graffiti rupestri, bassorilievi a carattere naturalistico, statuette di soggetto femminile, in zone molto vaste, che si spingono dall'Europa centrale fino all'Africa settentrionale.

Francesco Uccheddu, scultore, ha la capacità di richiamare l'attenzione su questa antica forma d'arte, con eccezionale sincerità e profondità. I suoi lavori scultorei sono frutto di una dote innata e una personale ricerca della forma, che egli plasma con abilità. Scolpire significa conquistare lo spazio tridimensionale; l'oggetto non è più evocato sul foglio, ma è presente nell'attimo in cui lo si lavora. Questo significa che è necessaria una determinata consapevolezza per realizzare ciò che si ha in mente, soprattutto quando si manipola una materia dura come la pietra, in tutta la sua forza originaria. Conoscere quindi le caratteristiche della materia, i punti di rottura, le reazioni al colpo dello scalpello, è quello che emerge nelle bellissime opere di Francesco Uccheddu.   




In chiusura vi propongo un articolo tratto dal quotidiano "La nuova Sardegna", con i successivi video, che raccontano l'attività artistica di questo scultore.

Di Marco Porcu

ORISTANO. Da dieci anni con qualsiasi condizione meteorologica, Francesco Uccheddu è al lavoro nel suo laboratorio a cielo aperto a ridosso della chiesa di San Giovanni di Sinis. Il banco di lavoro è un blocco di legno abbandonato dagli operai dell'ente elettrico; l'attrezzatura un corno di cervo, uno di montone e uno di capra, un paio di pietre durissime che utilizza per scheggiare l'ossidiana e farne frecce, coltelli affilatissimi, e altri piccoli utensili di uso comune. Una attrezzatura arcaica che farebbe pensare al rifiuto di utilizzare apparecchiature super moderne, smerigli e quant'altro. Invece, come spiega l'artista, è l'unica efficace per la lavorazione dell'ossidiana, pietra dura vetrosa, che se tagliata senza perizia va in frantumi.

Francesco Uccheddu ha dovuto imparare da solo l'arte dello scalpellino, rifacendosi ai preistorici che l'ossidiana conoscevano bene, come testimoniano i reperti ritrovati particolarmente abbondanti nelle aree degli insediamenti nuragici. "La curiosità per la storia lontana della mia terra - dice Uccheddu - Mi ha spinto a costruire le tracce lasciate dai popoli primitivi che dall'ossidiana ricavavano utensili di uso comune, ma anche oggetti utilizzati per la difesa personale e per la caccia, come le frecce. Particolarmente ricca la zona dell'Oristanese per la significativa presenza dell'ossidiana nel vicino Monte Arci, uno dei tre luoghi del mondo, con il Messico e la Sicilia, dove si trova questo vetro naturale, tanto da favorire specialmente nel neolitico, l'insediamento di villaggi a ridosso del mare, nel nostro caso, dello stagno di Cabras". Francesco Uccheddu, usa lo scalpellino anche per lavorare l'aneraria, la trachite, e altre pietre, modellando maschere della tradizione sarda, come quella della "Is mamuthones" e altre, e della "Dea mater terris", con mano sicura e decisa. Molto spesso viene invitato nelle scuole, per dare un saggio della sua abilità, facendo conoscere l'ossidiana agli studenti, e facendo rivivere i tempi del passato millenario della gente sarda. 

Uccheddu Scultore - Ossidiana

Uccheddu Scultore - Sogni di pietra