venerdì 25 maggio 2012

La Linea

Un omaggio al Maestro Osvaldo Cavandoli (Milano, 1Gennaio 1920 - Milano, 3 Marzo 2007) noto per il suo personaggio "La Linea". 



Una Linea 'comunicativa' sospesa tra l'immaginario e il reale: "Osvaldo Cavandoli pur "sapendo fare" cinema d'animazione, scrive Luca Novelli, non s'è mai creato il problema di definire l'Arte, e "artistico" il suo prodotto. Come un bambino munariano (anche se nel 1969, anno di nascita della Linea, il giovanile Osvaldo aveva già i suoi annetti) ha preso un foglio bianco e delineato con la matita il profilo di una forma umana. Le ha dato una voce (il mix lombardo-cinese dell'attore Carlo Bonomi) e un caratterino molto simile al suo. Come un artista - primitivo - le ha fatto mimare avventure, scene di vita quotidiana, d'amore e di sesso. Perché? Per buon auspicio, per il divertimento altrui, per soldi. Però ha fatto qualcosa che pochi altri autori suoi contemporanei sono riusciti a fare: ha dato vita alla più incredibile opera d'arte pop che sia mai apparsa sulla terra: una creatura mobile e chiacchierona, simpatica e comunicativa, FATTA D'UN SOLO TRATTO". La linea è parente dei bassorilievi assiri- è sempre di profilo come i personaggi egizi - eppure è contemporanea dell'Arte Concettuale. La linea - aggiungerà serissimo uno storico d'arte del futuro - è un'opera concetto coeva dei tagli di Lucio Fontana, delle macchie di Pollock". 

Da qui, al tempo stesso, il suo modo di intendere e vivere l'arte, fuori dagli schemi:" Il mio desiderio nel cinema d'animazione era di arrivare alla sintesi e a me il fatto della bellezza, cioè la bella calligrafia interessava relativamente. Mi interessava il discorso. (...) E allora ho preso matita e fogli di carta e ho cominciato a stilizzare, stilizzare e stilizzare" (Osvaldo Cavandoli, "Un Artigiano dell'Umorismo").


In fondo la storia dell'arte novecentesca - che costituisce un ampio settore dell'arte contemporanea - consiste nel vedere come i nostri autori, seguendo le orme dei loro predecessori, abbiano affrontato il problema insito della rappresentazione della forma, per giungere all'essenzialità, fino ad arrivare a una estrema semplificazione, lungo una ricerca non meno sofferta e complessa.     
Munari stesso sintetizza: "Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare. (...) Togliere vuol dire riconoscere l'assenza delle cose. (...) La semplificazione è il segno dell'intelligenza, un antico detto cinese dice: quello che non si può dire in poche parole non si può dirlo neanche in molte". 

Un processo dunque inarrestabile, estremamente variegato all'interno della dimensione artistica, con la sua storia, la sua cultura, i suoi percorsi, che si raffina nel tempo, si perfeziona, si specializza e, conferisce all'opera nuove strutture. E sebbene gli artisti non smettano mai di cercare e sperimentare, vi sono qualità comuni a tutte le arti che garantiscono la bontà di un'opera e caratterizzano l'operato dell'artista. Spesso il risultato dipende dall'abilità dell'artista nell'adattare materiali e metodi e nel trovare la forma migliore in cui racchiudere, raccontare, i propri concetti e le proprie sensazioni, con la stessa profondità e sincerità con cui l'arte lo ha fatto nel passato. In questo Cavandoli ha certamente mostrato un'apertura ineguagliabile per forma e contenuti.