domenica 30 dicembre 2012

Dall'Atelier delle Attività Espressive: buon 2013

L'arte è il fissare l'attimo o l'infinito. 
Paul Klee, Strada principale e vie secondarie 1929, Museo Ludwig Colonia 
©Klee Stiftung Bern

domenica 2 dicembre 2012

L'Umanità di Emergency




Emergency ha pubblicato una bellissima animazione per sensibilizzare la collettività e far conoscere la loro attività e i contesti in cui operano. 
In due minuti vengono raccontati 18 anni di storia, progetti e traguardi a livello nazionale ed internazionale, consapevoli di aver imboccato una strada difficile, arrischiata, ma nello stesso tempo ricca di soddisfazioni e di emozioni.   

Ecco il progetto: 18 anni di storia in 2 minuti. Viaggia con noi.

'Ogni due minuti curano chiunque ne abbia il bisogno', gratuitamente. 
Un principio di grande rilevanza e civiltà, che tende a configurare il diritto alla salute, 'come diritto fondamentale dell'individuo, primario ed assoluto'. 

Grazie Emergency.

sabato 17 novembre 2012

New York - Museum of Modern Art


Galleria devastata dall'uragano Sandy.

Vi segnalo una pregevole iniziativa. Il Museum of Modern Art (MoMA) in sinergia con l'American Istitute for Conservation Collections Emergency Response Team ha organizzato una serie di incontri formativi finalizzati al recupero delle opere d'arte (dipinti, disegni, sculture, libri) danneggiate dall'uragano Sandy, situate all'interno di gallerie, biblioteche e fondi archivistici.

Il MoMa è considerato uno dei più grandi musei di arte moderna al mondo. Dispone di un enorme spazio espositivo su sei piani, e raccoglie diversi secoli di arte moderna di incomparabile bellezza: dalla pittura alla scultura, dall'architettura al design, dalla grafica all'illustrazione, dalla fotografia ai film. 
L'attenzione che questo museo riserva alla cultura in tutte le sue forme è un tratto distintivo. Ha da sempre destinato significative risorse nelle sue varie espressioni artistiche, aprendo iniziative culturali ad un pubblico sempre più vasto e diversificato, favorendo così una più profonda conoscenza dell'arte, nella convinzione che la cultura sia un elemento fondamentale per lo sviluppo sociale ed economico. 

domenica 14 ottobre 2012

L'Espressività Musicale nell'Arte e nella Scienza

Siamo entrati ufficialmente nell'autunno: l'aria è più fresca, gli alberi si trasformano e le tonalità della terra si fanno più calde, in un gioco di sentori e sapori particolari. 
Autumn Leaves è una ballad dal sound intimo e nostalgico, composta da Joseph Kosma nel1945 sui versi del poeta Jacques Prèvert, un inno all'amore di una musicalità rarefatta. 


Accenti che si ritrovano nei trascinanti fiati di due compositori della scena del jazz: Miles Davis, trombettista statunitense, Cannonball Adderley, sassofonista, anch'egli statunitense. il suono caldo e morbido del sax contrapposto al suono penetrante e corposo della tromba, creano insieme particolari nuance cromatiche, ed effetti di rara bellezza di altissimo virtuosismo strumentale.
In una composizione musicale ci sono infatti una serie di elementi costitutivi del suono, che combinati assieme in modo vario e complesso, conferiscono alla musica un determinato carattere espressivo, l'umore della composizione. Tra questi rientra anche la potenzialità espressiva dello strumento. 
Ritmo, armonia, melodia - nel linguaggio della musica - sono in fondo gli stessi elementi che danno spazialità e forma alla narrazione in relazione a ciò che percepiamo. Ogni suono riporta a un'immagine e un'immagine a un colore e un colore a un'emozione. In questo intreccio sinestetico il suono svolge un ruolo da trasmettitore. 

Ciò permette una prima constatazione: "la musica prima ancora di essere una realtà sonora, è anzitutto un concetto, cioè una rappresentazione mentale e astratta che noi associamo a una realtà del mondo. Quando usiamo la parola musica ritagliamo una certa porzione di realtà, indichiamo un certo tipo di fenomeni sonori anziché altri. La ragione profonda sta nel fatto che la musica non è solamente suono organizzato. Quando noi qualifichiamo come musicale un qualsiasi fenomeno, ci riferiamo non tanto alla musica quanto a una realtà più vasta. Esso comprende non solo la manifestazione sonora - che è primaria ed essenziale - ma tutto ciò che si collega al musicale" (Il suono e la mente, Einaudi 2007). La musica, quindi, è in grado di attivare molti sistemi contemporaneamente, e ciò vale per i produttori così come per i fruitori.  Per questo la capacità di godere la musica coinvolge da tempo l'attenzione e la curiosità di studiosi riguardo ai meccanismi mentali con cui vengono recepiti suoni e ritmi; forti sensazioni di piacere si verificano principalmente per via della dopamina - come spiegano le ultime ricerche. In questa relazione uomo-suono, possono essere ora stabilite delle correlazioni precise che incidono in modo significativo e variabile tra un individuo e l'altro, tali da rendere possibili passaggi che assottigliano lo spessore tra i due universi.  

Scrive Charles Darwin: "La perdita degli interessi per la musica, la pittura, la poesia costituiscono una perdita di felicità e non è escluso che possa risultare lesiva per l'intelletto e, più probabilmente ancora, per il carattere morale, perché indebolisce il risvolto emozionale della nostra natura". 
Definizione splendida, non soltanto perché consente di misurare il cammino percorso in più di un secolo, ma perché sottolinea il fatto che dietro l'attività artistica esiste una base unitaria, dove convivono diversi livelli di competenza teorica, storica, espressiva, che concorrono a formare l'essere umano.
Vi lascio dunque con le note di Autumn Leaves, arrangiamenti raffinati sottolineano le singole note ed amplificano la gamma espressiva di questo Standard, un brano della memoria e dei sentimenti. 




Contributo per il Carnevale della Chimica ospitato da Paolo Pascucci. "La chimica dell'amore" è il tema molto interessante di questa edizione. Buona lettura.

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giovedì 11 ottobre 2012

Quando la Musica è Poesia: Charles Baudelaire a Richard Wagner


Ci sono lettere destinate ad essere memorabili. Ci sono storie che vanno oltre il tempo e non sono mancate poesie. Ci sono affinità che sfidano le distanze e percorrono i sentieri del cuore. Ci sono parole come queste e sono bellissime da vivere.

 

A Richard Wagner

Parigi, Venerdì 17 febbraio 1860

Signore,

ho sempre creduto che un grande artista, per quanto possa essergli familiare la gloria, non sarebbe affatto insensibile a un complimento sincero, quando tale complimento fosse come un grido di riconoscenza, e quando questo grido avesse un valore particolare, per il fatto di venire da parte di un francese, cioè di un uomo poco incline all’entusiasmo e nato in un paese dove non si sa di poesia e di pittura più di quanto non si sappia di musica. Anzitutto vi sono debitore del godimento musicale più profondo ch’io abbia mai provato. Ho un'età nella quale non ci si diverte più davvero a scrivere a persone famose, e avrei del resto a lungo esitato a testimoniarvi per lettera la mia ammirazione, se ogni giorno non mi capitassero sotto gli occhi articoli indegni, e ridicoli, che si dan da fare in mille maniere per diffamare il vostro genio. Non siete il primo, signore, a causa del quale ho dovuto soffrire e arrossire per il mio paese. Ma ora l'indignazione m'ha spinto a esprimere in modo esplicito la mia riconoscenza. Mi son detto: non voglio essere confuso con questa pletora di imbecilli.

La prima volta che mi son recato al Théátre des Italiens, per ascoltare le vostre opere, ero abbastanza maldisposto, e persino, lo confesso, pieno di pregiudizi. Ma son da scusare, sono stato tanto spesso ingannato: m'è capitato troppe volte d'ascoltare musica composta da ciarlatani. Da voi sono stato immediatamente conquistato. Non si può descrivere quel che ho sentito, e se vi trattenete dal sorridere, proverò a tradurvelo in parole. In un primo momento m'è parso di conoscere quella musica, ma più tardi, riflettendovi, ho capito da che nasceva tale miraggio: mi pareva che quella musica fosse mia, e la riconoscevo così come ognuno riconosce le cose che è destinato ad amare. Per chiunque non abbia finezza di spirito una frase di questo tipo risulterebbe estremamente ridicola, soprattutto se scritta da uno come me, che non sa di musica, la cui educazione si limita al fatto d’avere ascoltato (d'accordo, con grande godimento) alcuni brani di Weber e di Beethoven.

Inoltre mi ha molto colpito, più di ogni altro aspetto, il senso di grandezza. Un carattere che rappresenta ciò che è solenne, e tende verso il solenne. Dappertutto nelle vostre opere sento la solennità degli immensi sussurri, delle grandi visioni della Natura, la solennità delle forti passioni dell’uomo. Subito ci si sente soggiogati e trasportati in alto. Uno tra i brani più singolari, e tra quelli che mi hanno dato una sensazione musicale davvero nuova, è il brano che ha la funzione di descrivere uno stato di estasi religiosa. L'effetto dell'Ingresso degli invitati e della Festa nuziale è immenso.

Ho avvertito il senso maestoso d'una vita che ha un respiro più grande della nostra. Ancora: ho spesso provato un sentimento di genere assai bizzarro, la fierezza e il godimento nel comprendere, del lasciarsi penetrare profondamente: piacere davvero sensuale, simile al piacere che si ha nel salire su in aria o nel lasciarsi portare dalle onde. La musica talvolta respirava il senso forte del vivere. Complessivamente quelle armonie profonde mi parevan somigliare a quegli eccitanti che accelerano le pulsazioni dell'immaginazione. E ho anche provato, e vi prego di non sorridere, sensazioni che derivano probabilmente dalla conformazione del mio animo e dalle mie consuete preoccupazioni. Dappertutto c'è qualcosa di elevato e che eleva, qualcosa che aspira a salire sempre più in alto, qualcosa che ha il sapore dell’eccesso e della straordinarietà. Faccio un esempio: per usare immagini tolte al linguaggio della pittura, mi immagino d'aver davanti agli occhi una vasta distesa d'un rosso intenso. Se questo rosso rappresenta la passione, io lo vedo gradualmente attraversare tutta la gamma del rosso e del rosa e giungere all’incandescenza della fornace. Sembrerebbe difficile, persino impossibile giungere a qualcosa di più ardente, ed ecco che ancora un'ultima scintilla sprizza tracciando un solco più bianco sul bianco che le serve da fondo. Si tratterà, se così vogliamo dire, dell'estrerno grido dell'animo elevatosi sino al parossismo.

Avevo cominciato a scrivere qualche breve meditazione sui brani del Tannhäuser e del Lohengrin che abbiamo ascoltato, ma ho dovuto ammettere che è davvero impossibile dir tutto. E così potrei continuare senza fine questa lettera. Se avete potuto leggermi vi ringrazio. Mi resta da aggiungere solo qualche parola. Dal giorno in cui ho ascoltato la vostra musica, continuo a dirmi senza sosta, soprattutto nelle ore tristi: potessi almeno sentire stasera un po' di Wagner. E non c'è dubbio che anche altri avranno i miei stessi sentimenti. In conclusione, voi avreste dovuto esser soddisfatto del pubblico, il cui istinto è stato ben più forte della cattiva scienza dei critici giornalisti. Perché non prendete in considerazione l'idea di dare ancora qualche concerto, aggiungendo nuovi pezzi? Ci avete fatto gustare un assaggio di delizie mai provate: avete il diritto di privarci di quel che segue? – Ancora una volta, signore, vi ringrazio: in ore cupe voi siete riuscito a ricondurmi a me stesso e all'immenso.

Ch. Baudelaire

Non aggiungo il mio indirizzo, perché potreste credere che abbia qualcosa da chiedervi.


Lettera di Richard Wagner

Parigi, 15 aprile 1861

Mio caro signor Baudelaire,

sono venuto diverse volte a casa vostra senza trovarvi.

Sappiate che sono desideroso di dirvi quale immensa soddisfazione mi ha dato il vostro articolo che mi onora e mi incoraggia più di tutto ciò che non sia mai stato detto del mio povero talento.

Non sarebbe possibile dirvi presto, di persona, come mi sia sentito inebriato leggendo le vostre belle pagine che mi raccontavano – come lo fa la miglior poesia – le impressioni che devo vantarmi di aver prodotto su un’intelligenza superiore come la vostra?

Grazie mille del favore che mi avete fatto e spero di potervi chiamare amico.

A presto, non è vero?

Vostro,

Richard Wagner


Charles Baudelaire, Il vulcano malato. Lettere 1832-1866, a cura di Cinzia Bigliosi Franck, Fazi Editore, 2007.

venerdì 7 settembre 2012

Convegno A.I.E.Psi. : "Prevenzione delle Psicopatologie dello sviluppo: Psicoevoluzione, Salute, Scuola" 17 Ottobre 2012


Cari lettori,
ho il piacere di segnalarVi un nuovo evento che si terrà il 17 ottobre 2012, ore 15.00, presso l’Hotel Excelsior Congressi, Via G. Petroni, 15, Bari.

"Prevenzione delle psicopatologie dello sviluppo: Psicoevoluzione, Salute, Scuola", è il titolo di questo incontro, organizzato da: A.I.E.Psi., Associazione Italiana di Evoluzione e di PsicoevoluzioneIl Presidente dell'A.I.E.Psi., dott. Massimo Frateschi, introdurrà il programma del Convegno presentando i principi fondamentali della teoria e della metodologia della Psicoevoluzione e le sue applicazioni concrete per la salute ed il benessere nella società moderna, all'esordio del terzo millennio. L’innovazione delle scienze e delle tecniche psicologiche è al servizio della collettività umana, per favorire la qualità della vita in ogni fase dell'evoluzione dell'essere in relazione con il mondo. 
La psicoevoluzione, in particolare attraverso strategie specialistiche psicodinamiche psicoevoluzioniste, contribuisce alla realizzazione di programmi, di progetti e di interventi di prevenzione psicologica primaria utili per promuovere e sviluppare la condizione di salute e di benessere dell’essere umano, fin dalla primissima infanzia, nella famiglia e nella scuola.   
Interverranno su molteplici argomenti Autorità, Relatori ed Esperti per promuovere la divulgazione e l’approfondimento di tematiche psicologiche di ampia portata scientifica, pragmatica e applicativa a favore della società e della collettività, con particolare attenzione alla psicoevoluzione, alla prevenzione, alla salute e al benessere della popolazione infantile e adolescenziale.

L'evento aderisce a: OTTOBRE 2012 MESE DEL BENESSERE PSICOLOGICO – ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA REGIONE PUGLIA.


domenica 19 agosto 2012

Prospettive Fotografiche

Paesaggi che si alternano in un gioco interminabile di scambi tra terra e mare. 
Tra luci e colori. Tra suoni e visioni di fine estate.

Lungomare di Bari (Puglia)

domenica 12 agosto 2012

L'olivo e la rappresentazione nell'arte

Campo di Olivi

È difficile immaginare la Puglia senza alberi di ulivo, nonostante il taglio indiscriminato di alberi e il dilagare del cemento. Un filo immaginario unisce la storia al territorio, sembra quasi toccarne la trama: si ha la sensazione che intorno all'olivo si consumano immense fatiche, storie autentiche, dal tessuto profondo. Gli ulivi fecero della Puglia un serbatoio di ricchezza di traffici, di operosità e di arte. La storia di questa pianta si estende tra il bacino mediterraneo ed i territori ad oriente sino ai territori a occidente a cavallo tra l'Asia e l'Europa, ma è innegabile che la straordinaria varietà di olivi sono una caratteristica del territorio italiano. La Puglia, con i suoi 350.000 ettari di ulivi, rappresenta, tuttora, una delle regioni più olivicole del mondo. 

L'ulivo sembra possedere una prodigiosa fantasia, nel saper creare e ricreare sempre nuove forme su un unico modello, quasi a voler spezzare la sua "ripetitività". Chi percorre questi luoghi non può fare a meno di essere catturato dai maestosi ulivi, dalle querce secolari, dall'arabesco dei suoi rami, dal fruscio delle foglioline color grigio argento che si modificano con il cambio della luce: dense atmosfere che si mescolano con il variare delle stagioni. Così quando il vento soffia, l'ulivo si piega, si contorce, resiste, e come un indomabile lottatore, non si spezza. Forse si può attribuire anche a queste caratteristiche gran parte del fascino esercitato su poeti e artisti: allora quei dati realistici si caricano di significati e suggestioni profonde. 

Carla Citarella, Pigmenti d'autunno (dettaglio), Decorazione per Interni 
Tecnica mista: Frottage-matite acquerellabili su carta ruvida

Carla Citarella, Luci, Decorazioni per Interni,
Tecnica: acquerello, matite acquerellabili su carta

Vincent van Gogh, Oliveto con cielo azzurro, Saint-Rèmy, 1889

È stato proprio Van Gogh a ritrarre gli uliveti. Gli uliveti divennero uno dei soggetti preferiti dall'artista. Van Gogh identificava l'ulivo come un elemento essenziale del paesaggio provenzale, tanto che ne fece il tema principale all'interno delle sue opere. Era fermamente convinto nel basare le opere sullo studio della natura, per poter dare risalto a una testimonianza sia storica che contemporanea, con le sue associazioni ai valori eterni e spirituali, contrapposti ai continui mutamenti della vita moderna. Essere in armonia con la natura, significava creare momenti di idillio e contemplazione, di conforto e rigenerazione. 

In una lettera a Theo nel lontano Aprile del 1889, scrisse: "Mi sono trastullato negli uliveti mattina e sera in queste giornate luminose e fredde, ma con un sole chiaro e stupendo (...) Se tu potessi vedere gli alberi di olivo in questo periodo dell'anno (...) Il fogliame argento argento antico che inverdisce contro l'azzurro. E la terra arata color arancio di una tale delicatezza e raffinatezza. Intendo dire che il mormorio di un uliveto ha qualcosa di molto intimo, immensamente antico. È troppo bello perché io osi dipingerlo o possa concepirlo". 

Vincent van Gogh, Ulivi, Saint-Rèmy, 1889

Non si trattava solo di raffigurare gli ulivi con l'ausilio della tecnica pittorica, ma di restituire allo sguardo dello spettatore una visione autentica e intima della campagna: "L'eff
etto della luce diurna e del cielo significa che ci sono argomenti infiniti che si trovano negli alberi di ulivo. Per quanto mi riguarda cerco gli effetti contrastanti del fogliame, che cambia con i toni del cielo. A volte, quando l'albero mette a nudo i suoi pallidi fiori, grandi mosche blu, coleotteri smeraldo e cicale in gran numero ci volano su, il tutto immerso nel blu puro. Poi, come il fogliame assume toni più maturi, il cielo è raggiante e striato di verde e arancione e poi di nuovo, in autunno, le foglie assumono toni viola del colore di un fico maturo e questo effetto viola si manifesta pienamente con il contrasto del grande sole nel suo alone pallido di luce limone". 

Fu proprio nell'osservare gli ulivi (i cedri, i cipressi, i mandorli in fiore) che circondavano la casa di cura (in origine un antico monastero di Saint Paul de Mausole diventato ospedale psichiatrico nel 1885 a Saint-Rèmy de Provence), che Van Gogh tentò di recuperare il suo stato di salute, ricoverandosi di sua spontanea volontà: "L'intrico di rami arcuati si uniscono a suggerire un sentiero sottostante, e io sto cercando di renderli...Ma è molto difficile, molto difficile". (...) L'arte è un addestramento alla sopravvivenza. (...) Mi trovo a casa mia, qui. Ho una piccola cameretta tappezzata di grigio verde con due tendine verde acqua e disegni rosa molto pallido. Inoltre ho una stanza per lavorare, Mandami, ti prego, trentatrè tubetti di colore, bianco, rosso lacca, verde smeraldo, arancione, cobalto, malachite, cromo e blu oltremare", scriveva ancora al fratello Theo, che gli pagava la retta e il materiale per dipingere.

In quell'ambiente Van Gogh restò confinato un anno, dove si sottomise alle cure del dott Thèophile Zacharie Auguste Peyron; gli fu permesso di lavorare sia all'interno dell'ospedale che all'esterno, accompagnato da un sorvegliante. Dipinse centoquarantatrè dipinti ad olio, alcuni dei quali capolavori immortali: Il giardino dell'Ospedale di San PaoloGli iris, La Camera di Vincent ad Arles, La notte Stellata, e più di cento disegni tra i quali: Campo di Grano e Cipressi, Alberi di Pino Lungo un Sentiero, e i delicatissimi mandorli in fiore. 

Quel mandorlo in fiore che decise di staccare e portarlo con sè per dipingerlo nella sua stanza. Delineandone il primo approccio di cura attraverso l'arte, che al giorno d'oggi definiamo con il termine di arte terapia. Infatti, già da alcuni anni, è nato (all'interno della struttura) un laboratorio di terapia dell'arte (clinica) che riunisce arte, ricerca e cura. Molte tele raccontano il percorso interiore di pazienti che hanno trovato in esso un mezzo complementare di espressione e sollievo dalle loro sofferenze.

Vincent van Gogh, Gli ulivi,
Saint Rémy, giugno-luglio 1889

Nell'Aprile del 1890 Van Gogh decise di andarsene da Saint-Rèmy per la guarigione non avvenuta - il dott Peyron gli diagnostica l'epilessia che cura con dei semplici bagni settimanali - e, dopo una breve tappa a Parigi per conoscere la moglie dell'amato fratello Theo e come da suo consiglio, si diresse ad Auvers-Sur-Oise, dove il dott Paul-Ferdinand Gachet , laureatosi in medicina a Parigi con una tesi dal titolo "Etude sur la Mèlancolie" (studio sulla malinconia), aveva accettato di ospitarlo e curarlo. La speranza era quella che il dott Gachet potesse finalmente guarirlo dalle sue crisi e dai tentativi di suicidio. Ma Il 27 Luglio, dello stesso anno, a 37 anni, Vincent van Gogh si spara con un colpo di fucile al petto, morendo la notte del 29 Luglio. 
Queste furono le parole che il dott Gachet rivolse all'amico pittore e che Emile Bernard, riprese alcuni giorni dopo la sua morte: "Egli era un uomo onesto e un grande artista, aveva solo due obiettivi l'umanità e l'arte. Era l'arte che stimava sopra qualsiasi altra cosa e che farà vivere il suo nome".

E dunque una dimensione ideale che Van Gogh aveva cercato al di là del tempo e aveva reso attraverso la natura e, una ricerca indispensabile che ci permette di costruire alcuni parametri per interpretare le opere d'arte. Per la capacità meravigliosa dell'arte di dare forma e contenuto alle emozioni umane, anche le più drammatiche, così come per la capacità di saper vedere fra le cose, negli spazi che scorrono fra le cose. Lo stesso sentimento che alitava nella vita di Van Gogh. 


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domenica 15 luglio 2012

Il linguaggio della danza



"Ogni forma di danza, dai salti di gioia dei bambini e dall'invocazione rituale agli dèi della tribù alle rappresentazioni teatrali, nasce dal bisogno che l'uomo ha di tradurre i propri sentimenti in movimento. In tutti i tempi e in quasi tutti i tipi di società si è sempre richiesto che i danzatori si impadronissero dei complessi movimenti tradizionali e che quindi li trasformassero in una danza eseguita con la scioltezza e la spontaneità fissate nel bozzetto" (Léon Bakst).

La danza, nella sua forma più semplice, è un naturale mezzo di espressione del corpo: da sempre i bambini giocando, armonizzano attraverso movimenti spontanei, passi di loro invenzione a ritmo di musica per una maggiore conoscenza di sé, per divertimento o per tradurre fisicamente un'emozione; tale esigenza appartiene a tutti i popoli e a tutte le età. 
Le prime danze, risalgono a popolazioni molto antiche quali i Greci, Etruschi ed Egizi, attraverso le figure di danzatori delle sculture e delle pitture murali e vascolari pervenute sino a noi.
Nel passato le danze costituivano un elemento fondamentale dei rapporti sociali a seconda delle finalità legate al loro utilizzo: con esse si accoglievano e si salutavano gli stranieri; servivano come rituale simbolico sia a infondere coraggio ai guerrieri, sia a terrorizzare il nemico; contro le calamità naturali, carestie; come rituali magici per curare i malati e per celebrare le varie fasi della vita (nascita, matrimonio, morte). Passi e gesti inizialmente prodotti battendo i piedi per terra e successivamente al ritmo di tamburi e di altri strumenti musicali. 
Rituali simbolici che ancora oggi si eseguono nelle attuali comunità primitive e che variano, naturalmente, secondo la propria cultura. Ma qualunque siano le diversità, il significato di queste attività, per quanto più sofisticate, derivano o si ispirano a queste prime esperienze della vita umana nella forma di passi e di gesti. Nell'antica Grecia, ad esempio, la danza, il teatro e la musica, rappresentavano le attività più armoniose allo sviluppo dell'individuo, con una funzione di coesione e di catarsi (terapeutica). Tutte le danze per quanto sia la loro distanza, religiosa, sociale e teatrale, hanno in comune la creazione di una figurazione drammatica di movimento attraverso l'uso espressivo del corpo. Quanto a espressività nell'uso del proprio corpo, il danzatore di professione dovrà acquisire agilità, quel grado di perfezione tecnica, per trasmettere quell'armonia di gesti, di equilibrio e di movimenti che è essenziale per l'arte della danza. 
Al giorno d'oggi, il linguaggio della danza, ha acquisito un valore liberatorio più marcato, si associa a una qualità di vita migliore, in vaste aree di applicazioni secondo un approccio multidisciplinare. Sono infatti sempre di più gli studi e le evidenze scientifiche che mettono in relazione questo legame: Dancing can reverse the signs of aging in the brain.

venerdì 22 giugno 2012

Arte Nucleare

Enrico Baj, Figura atomica, 1951

Partendo dai presupposti dello Spazialismo, il programma del Movimento Nucleare rimanda sempre alle modalità dell'Informale, ma l'ambito di ricerca è influenzato dall'atomica di Hiroshima e da tematiche affini. La realtà di un'Europa devastata dalla guerra, dagli effetti della bomba di Hiroshima e di Nagasaki, sconvolge in profondità la coscienza storica dell'umanità, incide in modo significativo sulla struttura culturale del tempo e agisce intensamente sulla materia pittorica degli artisti nucleari. L'arte non poteva non risentire di tali conseguenze. 

Come già lo spazio per gli artisti spaziali, l'atomico e il nucleare sono i termini che servono a definire l'ambito di una ricerca proiettata sul futuro, convinta dalla necessità di porre accanto alla memoria negativa, alla paura della bomba atomica, un immaginario declinato in positivo, per aprire le porte di un futuro lontano dagli orrori nucleari del passato. A differenza dell'arte spaziale, che mira al superamento dei confini tradizionali dell'arte, i nucleari concentrano l'azione di rinnovamento sulla pittura, adottando la sperimentazione di tecniche e "nuovi linguaggi", capaci di esprimere "l'universo atomico". Il proposito è dunque espresso nel Manifeste de la Peinture nucléare, 1952, redatto da Enrico Baj. 

Enrico Baj, Bum-Manifesto Nucleare, 1952


Il movimento si configura come una costellazione di stili caratterizzati dal prevalere volta a volta del gesto o della macchia (pittura d'Azione), del segno (pittura segnica) ed anche attraverso particolari impasti o accostamenti di materiali eterogenei (pittura materica), privilegiando, quindi, il linguaggio informale. Come accade in parallelo nell'Espressionismo Astratto, l'enfasi è posta sulla potenzialità espressiva individuale, alla necessità di esprimere liberamente tensioni e pulsioni in modo immediato: "Questione nucleare come atto alla nostra contemporaneità, con un sentimento di angoscia e di speranza allo stesso tempo" (E. Baj, La Pittura spaziale e nucleare a Milano, 1950-1960). "Artisti, quindi, più che nucleari, di un'epoca nucleare" (Lettera di E. Baj, Arte Nucleare. Milano, 1962). 

La loro ricerca in termini di finalità è quindi rappresentativa. Ed ecco che i disastri nucleari calano nelle opere di Baj, come un sipario sullo spettacolo della terra e della natura, dove vivono figure antropomorfe completamente devastate dagli effetti dell'atomo.

Enrico Baj, Due bambini nella notte nucleare, 1956

Enrico Baj, Montagna con sole, 1958

Enrico Baj, Agitatevi pietre e montagne, 1958

Enrico Baj Peinture nucléaire (Dedicato ad André Kuhn), 1952. Courtesy Mazzoleni London Torino

Ancora una volta arte e impegno civile, si coniugano in gesti irripetibili di estrema sensibilità, a favore dell'ambiente e dell'uomo, mediante un messaggio universale che l'arte sa trasmettere. 


Contributo per il Carnevale della Fisica ospitato da Paolo Pascucci. "La Fisica della Terra" è il tema di questa edizione.

domenica 10 giugno 2012

Quando l'Arte É Poesia

Paul Cézanne, Natura morta con sette mele e tubo di colore (non datato).


Ars Poetica

A poem should be motionless in time   
As the moon climbs,

Leaving, as the moon releases
Twig by twig the night-entangled trees,

Leaving, as the moon behind the winter leaves,   
Memory by memory the mind—

A poem should be motionless in time   
As the moon climbs.


*  
                                       
A poem should be equal to:
Not true.

For all the history of grief
An empty doorway and a maple leaf.

For love
The leaning grasses and two lights above the sea—

A poem should not mean   
But be.


Archibald MacLeish 

[Source: POETRY FOUNDATION]



Arte Poetica

Una poesia deve essere palpabile e muta
come rotonda frutta

silenziosa
come antiche medaglie sotto le dita

silenziosa come la pietra levigata dalle maniche
sui davanzali dove il muschio cresce

una poesia deve essere senza parole
come il volo degli uccelli

una poesia deve essere immota nel tempo
come la luna sale

lasciando, come la luna abbandona
a ramo a ramo gli alberi impigliati alla notte,

lasciando, come la luna dietro le foglie invernali,
la mente ricordo per ricordo

una poesia deve essere immota nel tempo
come la luna che sale

una poesia deve essere eguale a...
non una verità

per tutta la storia del dolore
una foglia d'acero e un vuoto portone

per l'amore
le erbe piegate dal vento e due luci sul mare

una poesia non deve dire
ma essere

 
Archibald MacLeish, traduzione di Carlo Izzo, in Poesia, n.200, Dicembre 2005, 400 poeti del Novecento, Crocetti Editore. 

venerdì 25 maggio 2012

La Linea

Un omaggio al Maestro Osvaldo Cavandoli (Milano, 1Gennaio 1920 - Milano, 3 Marzo 2007) noto per il suo personaggio "La Linea". 



Una Linea 'comunicativa' sospesa tra l'immaginario e il reale: "Osvaldo Cavandoli pur "sapendo fare" cinema d'animazione, scrive Luca Novelli, non s'è mai creato il problema di definire l'Arte, e "artistico" il suo prodotto. Come un bambino munariano (anche se nel 1969, anno di nascita della Linea, il giovanile Osvaldo aveva già i suoi annetti) ha preso un foglio bianco e delineato con la matita il profilo di una forma umana. Le ha dato una voce (il mix lombardo-cinese dell'attore Carlo Bonomi) e un caratterino molto simile al suo. Come un artista - primitivo - le ha fatto mimare avventure, scene di vita quotidiana, d'amore e di sesso. Perché? Per buon auspicio, per il divertimento altrui, per soldi. Però ha fatto qualcosa che pochi altri autori suoi contemporanei sono riusciti a fare: ha dato vita alla più incredibile opera d'arte pop che sia mai apparsa sulla terra: una creatura mobile e chiacchierona, simpatica e comunicativa, FATTA D'UN SOLO TRATTO". La linea è parente dei bassorilievi assiri- è sempre di profilo come i personaggi egizi - eppure è contemporanea dell'Arte Concettuale. La linea - aggiungerà serissimo uno storico d'arte del futuro - è un'opera concetto coeva dei tagli di Lucio Fontana, delle macchie di Pollock". 

Da qui, al tempo stesso, il suo modo di intendere e vivere l'arte, fuori dagli schemi:" Il mio desiderio nel cinema d'animazione era di arrivare alla sintesi e a me il fatto della bellezza, cioè la bella calligrafia interessava relativamente. Mi interessava il discorso. (...) E allora ho preso matita e fogli di carta e ho cominciato a stilizzare, stilizzare e stilizzare" (Osvaldo Cavandoli, "Un Artigiano dell'Umorismo").


In fondo la storia dell'arte novecentesca - che costituisce un ampio settore dell'arte contemporanea - consiste nel vedere come i nostri autori, seguendo le orme dei loro predecessori, abbiano affrontato il problema insito della rappresentazione della forma, per giungere all'essenzialità, fino ad arrivare a una estrema semplificazione, lungo una ricerca non meno sofferta e complessa.     
Munari stesso sintetizza: "Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare. (...) Togliere vuol dire riconoscere l'assenza delle cose. (...) La semplificazione è il segno dell'intelligenza, un antico detto cinese dice: quello che non si può dire in poche parole non si può dirlo neanche in molte". 

Un processo dunque inarrestabile, estremamente variegato all'interno della dimensione artistica, con la sua storia, la sua cultura, i suoi percorsi, che si raffina nel tempo, si perfeziona, si specializza e, conferisce all'opera nuove strutture. E sebbene gli artisti non smettano mai di cercare e sperimentare, vi sono qualità comuni a tutte le arti che garantiscono la bontà di un'opera e caratterizzano l'operato dell'artista. Spesso il risultato dipende dall'abilità dell'artista nell'adattare materiali e metodi e nel trovare la forma migliore in cui racchiudere, raccontare, i propri concetti e le proprie sensazioni, con la stessa profondità e sincerità con cui l'arte lo ha fatto nel passato. In questo Cavandoli ha certamente mostrato un'apertura ineguagliabile per forma e contenuti.




domenica 29 aprile 2012

La Terra dei Trulli: Patrimonio Mondiale Dell'Umanità Dall'Unesco


Alberobello, universalmente conosciuta per i suoi Trulli, sono antiche costruzioni in "pietra a secco", sorte circa 5 secoli fa a ridosso del promontorio pugliese della Murgia. Pietre sbozzate, lisciate, divise, disposte in forma circolare genialmente dall'uomo, per formare in origine un rifugio di emergenza per i contadini, sufficiente a riparare dal freddo, dal calore eccessivo, dall'umidità, in un periodo storico in cui si impediva la costruzione di fisse dimore. 

Nel corso dei secoli, la tecnica impiegata nell'architettura spontanea consentì la trasformazione di un'abitazione unicellulare, in un'altra più complessa ed evoluta per ospitare l'uomo, la sua famiglia, gli utensili, gli arnesi da lavoro, compreso di stalla, ovile, pollaio, vigna, alberelli, il tutto circondato dal muretto a secco di confine, segno di sovranità e proprietà. Così dal trullo, che dal principio rappresentò una soluzione basilare e necessaria, si aggregarono altre abitazioni per i nuovi nuclei famigliari, verso una pianificazione architettonica sempre più varia e complessa, che aveva come epicentro il trullo stesso, mantenendo nella gestione dello spazio urbano, l'equilibrio tra l'uomo e la natura.    

Antico Telaio 

Una delle fonti di ricchezza di questo comune è l'artigianato,  gradito da ogni parte dell'Italia e del mondo, sia per la sua originalità e sia per il costo contenuto. Sono prodotti artigianali difficilmente imitabili, che hanno come materiale di riferimento il ferro, la carta, gli arbusti, il legno e la ceramica. 


Anche la tessitura e il ricamo fanno parte delle nobili arti della produzione artigianale, i cui prodotti, un tempo, servivano esclusivamente per le proprie esigenze famigliari: merletti lavorati con l'ago, preziosi ricami su cotone, tappeti per arredamento dai colori vivaci, e le rinomate bisacce: sacche tessute a mano decorate con motivi grafici dalla tradizione balcanica. 
Le donne continuano a mostrare con orgoglio i loro splendidi tessuti: ecco 
un antichissimo telaio ancora in funzione, per la realizzazione di tappeti, borse, tessuti ed altro, in cui rivive il ricordo di un mondo antico, simbolo di continuità con il passato e sapiente conoscenza dei materiali e delle tecniche.


I Trulli che, dal 1996, sono patrimonio dell'umanità dell'Unesco, offrono un esempio architettonico di notevole pregio storico-artistico-culturale, verso un segno di riconoscenza che illustra un periodo significativo della storia umana, dando vita al primo modello di civiltà costruttiva, di socializzazione e di convivenza umana. Il saper inserire una forma in un ambiente naturale che si adatta ad esso, che lo comprende e non le è ostile, è un fatto raro e cosa ancor più nobile.  

venerdì 6 aprile 2012

Arte virtuale

Vi segnalo un nuovo servizio che Google ha dedicato all'arte: si chiama "Google Art Project". 
Il più grande museo virtuale, che propone un percorso affascinante nel mondo dell'arte, dove si possono selezionare, ammirare e conoscere le opere appartenenti ai maggiori musei del mondo, fin nei minimi dettagli, grazie all'innovazione tecnologica.
Entrare in un museo, percorrere le varie stanze, osservare le opere dal vivo, ha un odore particolare, un sapere poliedrico nel modo di percepire l'opera-ambiente, appunta l'attenzione sul reale, offrendo un'esperienza coinvolgente; questo progetto che trova spazio su internet, rappresenta invece un bel approccio e un modo alternativo al sistema informativo del patrimonio artistico, dando forma a uno spazio che eccede l'esclusività della visione, per privilegiare una dimensione relazionale.    




domenica 18 marzo 2012

Arte, Fitoterapia, e le sue radici

L'epoca è antichissima. Ciò significa che l'uomo, ha sempre sentito la necessità di lasciare in qualche modo un segno della propria presenza;  una sorta di documentazione del bisogno umano di esprimersi, di comunicare agli altri se stesso, in forma compiuta. Questo si può rilevare nelle forme e nelle decorazioni degli oggetti, ma addirittura nelle antichissime figurazioni paleolitiche, incise o dipinte, sulla base dei reperti finora rivenuti.  

Con gli Egizi, i Greci, gli Etruschi, e successivamente con i Romani, si entra in un periodo ben preciso della storia umana, che dà luogo a manufatti e monumenti di alto valore, attraverso i quali possiamo seguire lo sviluppo storico delle varie epoche. Il confronto con opere e testimonianze di altri tempi, dunque, si trasforma in una occasione per approfondire discipline differenti, partendo dall'esempio concreto della ricerca artistica. 

La fitoterapia, ovvero l'arte di conoscere, coltivare e riutilizzare le piante per scopi terapeutici, è una delle forme più antiche utilizzate. Già nell'Egitto venivano utilizzati rimedi a base di piante medicinali: dall'abbondanza di documenti archeologici, sappiamo che all'interno dei corpi mummificati, sono state ritrovate tracce di cipolla (antibatterica), spezie, e innumerevoli sostanze organiche tra cui cera vergine, resine vegetali e oli balsamici, ed altre sostanze come il Natron. Un mix di elementi fondamentali per la conservazione delle mummie. I corpi venivano poi avvolti in strati di tessuto impregnati sempre di resine, e a quanto dicono i ricercatori, questo metodo di imbalsamazione, ha involontariament e protetto anche il DNA. 

Resti mammuficati della Regina egiziana Hatshepsut, Valle dei Re, Luxor, 1470 a.C. (Photo credit Khaled Desouki/AFP/Getty Images)

Anche in questo campo l'influenza Etrusca si fece sentire: la ricchezza dell'Etruria si basava su ciò che produceva la terra e sulle risorse minerarie.   Erano grandi conoscitori delle proprietà medicamentose dei fiori e delle erbe, dei metalli e delle leghe, nonchè delle proprietà terapeutiche delle acque. Per aggiunta erano abilissimi costruttori, tessitori, tintori, vasai, orafi, argentieri; sapevano lavorare anche il bronzo e il rame, con appositi metodi e strumenti. Insomma, furono artefici di grandi scoperte frutto del proprio ingegno creativo, destinate a lasciare un segno per gli anni a venire.


Le testimonianze ci giungono ancora una volta dalle raffigurazioni dei reperti archeologici: anfore, vasi di varie dimensioni e materiali (terracotta, bronzo, bucchero); veri e propri capolavori artistici nei quali sono stati ritrovati i resti delle piante medicinali, a dimostrazione dell'uso continuativo che ne veniva fatto, e a riprova che gli Etruschi sapevano trarre vantaggio da quelli che definiamo oggi rimedi naturali e che quindi ne sfruttassero le qualità. La dimensione dei recipienti variava a seconda della funzione a cui erano destinati: per uso domestico, religioso, e per la preparazione dei farmaci. Tra medicamenti più noti, la camomilla per le sue proprietà calmanti, il ricino lassativo ed emetico, il mirto dalle proprietà astringenti e antinfiammatorie, il papavero utilizzato come anestetico, ed anche alcuni minerali per preparare rimedi antinfiammatori. Ai fini della terapia, utilizzavano infusi e decotti, ma anche cataplasmi e unguenti per la cura delle ferite. 

Reperto archeologico di origine Romana

La storia avanza, gli avvenimenti cambiano. Con i Romani nacquero le prime botteghe mediche. Tra gli strumenti reperiti negli scavi, necessari per la preparazione dei farmaci, vasetti in terracotta, sui quali erano incisi dei simboli che indicavano il loro contenuto, recipienti in vetro (oramai non più riconoscibili), bilance, misurini in bronzo, mortai. Le erbe così raccolte, venivano essiccate, triturate, ridotte in polvere, per poi essere utilizzate nella preparazione dei rimedi medicinali, attraverso particolari procedure. I contenitori di terracotta, garantivano la corretta conservazione dei medicinali, fino al momento della somministrazione.

Bassorilievo romano in pietra

Una delle illustrazioni del Discoride di Vienna,
il più antico manoscritto (bizantino) a noi pervenuto 

Lo studio sistematico delle varie parti delle piante, in base alle loro caratteristiche proprietà e dei vari luoghi, portò alla creazione dei primi archivi; l'approccio divenne sempre più scientifico. In seguito a questa classificazione ogni pianta ricevette il nome scientifico che la identificava. Il nome identificativo di ogni pianta, venne espresso in latino poichè in quel tempo era la lingua ufficiale, e tuttora è lo stesso in qualsiasi parte del mondo. Questa documentazione ci fornisce non solo l'evoluzione, ma anche la possibilità di conoscere a fondo ciò che utilizzavano i nostri antenati per la cura delle malattie e per il proprio benessere. 

Certo la diversità dei metodi è enorme. Un tempo le erbe fornivano in gran parte la materia prima per la preparazione dei medicamenti, le cure erano dettate senz’altro dall’empirismo, da pratiche religiose, e dai limiti della conoscenza. Oggi la chimica costituisce la base per studiare in modo scientifico i principi attivi; la scienza ha così dato luogo a progressi imprevedibili e al medico preparato, la capacità di formulare accurate diagnosi e prognosi. 

Vi lascio con una eccezionale testimonianza archeologica che risale al II secolo d.C., la cosiddetta "Domus del Chirurgo", in epoca romana. Si tratta di un ambulatorio medico, dove sono stati ritrovati strumenti chirurgici, vari contenitori per le medicine (alcuni vere e proprie sculture), magnifici mosaici, affreschi, oggetti di arredo e portafortuna.

Un vaso a intercapedine conformato a piede per uso terapeutico (Rimini, Museo della Città)

  

Contributo per il Carnevale della Chimica ospitato da Paolo Pascucci. "La Chimica dei farmaci" è il tema di questa edizione.