domenica 19 dicembre 2010

Kandinsky: L'Esplorazione del Colore

Ho già parlato di Kandinsky, padre degli astrattisti e della sua capacità sensoriale di percepire i colori musicalmente (sinestesia), sottolineando così somiglianze e relazioni fra le due arti; Kandinsky oltre che per la pittura aveva una passione anche per la musica, suonava, infatti, il violoncello e il pianoforte.
Oggi condivido alcune righe di un suo mirabile scritto "Lo spirituale nell'arte" (1910), dove espone le sue teorie sull'uso del colore e il profondo legame tra l'opera d'arte e la dimensione spirituale: l'attenzione verso una percezione del mondo filtrata dalla soggettività dell'artista, e l'idea che i colori abbiano carattere ed espressività propria. Il primo obbiettivo di Kandinsky, è stato quello di offrirci una pittura, in cui il colore non interessasse solo l'organo della vista, ma anche gli altri, attraverso una complessa catena di reazioni emozionali. 
Una tipica associazione sinestetica è quella tra colore e suono. Qui analizza l'aspetto del colore e il duplice effetto fisico e psichico che può esercitare sullo spettatore, andando oltre il suo utilizzo come semplice elemento estetico. 

"L'effetto del colore" - W. Kandinsky
Se si fa scorrere l'occhio su una tavolozza ricoperta da colori si ottengono due risultati principali:1) si ha un effetto puramente fisico, ossia l'occhio stesso viene affascinato dalla bellezza e da altre proprietà del colore. Lo spettatore prova un senso di soddisfazione, di gioia, come un amante della buona cucina che gusta una ghiottoneria. Oppure l'occhio viene stuzzicato come il palato da un cibo piccante. Esso può avere anche una sensazione di acquietamento o di frescura, come il dito che tocca un pezzo di ghiaccio. Queste sensazioni sono sempre fisiche, e come tali possono essere solo di breve durata. Esse sono anche superficiali e non lasciano dietro di sé impressioni durevoli, finché l'anima rimane chiusa. Come quando, toccando un pezzo di ghiaccio, si può provare solo la sensazione fisica di freddo, sensazione che si cancella una volta che il dito si sia di nuovo riscaldato, così anche l'effetto fisico del colore viene meno una volta che l'occhio sia passato a osservare altre cose. E come la sensazione fisica del freddo del ghiaccio, se penetra più a fondo, evoca altre sensazioni più profonde e può formare un'intera catena di esperienze psichiche, così anche l'impressione superficiale del colore può svilupparsi dando origine a un'esperienza. In una persona di sensibilità mediocre soltanto gli oggetti consueti hanno effetti del tutto superficiali, mentre quelli che ci si presentano per la prima volta esercitano immediatamente su di noi un'impressione psichica. Perciò ha una sensazione psichica del mondo il bambino, per il quale ogni oggetto è nuovo. Egli vede la luce, ne è attratto, vuol prenderla, si scotta le dita e concepisce timore e rispetto per la fiamma. Egli impara poi che la luce, oltre agli effetti ostili ne ha anche di amichevoli, che scaccia le tenebre, allunga il giorno, riscalda, cuoce e può offrire uno spettacolo gradevole. Una volta messe insieme queste esperienze, la conoscenza con la luce è cosa fatta e le nozioni relative vengono immagazzinate nel cervello. L'intensità dell'interesse diminuisce rapidamente e la proprietà della fiamma, di offrire uno spettacolo gradevole, lotta con una totale indifferenza nei suoi confronti. Così il mondo perde gradualmente il suo fascino. Si sa che gli alberi fanno ombra, che i cavalli possono correre velocemente e che le automobili possono essere ancora più veloci, che i cani mordono, che la luna è lontana, che l'essere umano che vediamo nello specchio non è vero. Solo col procedere dell'evoluzione dell'uomo verso livelli sempre più elevati, si amplia sempre più la cerchia di quelle proprietà che vari oggetti ed esseri includono in sé. A uno stadio elevato di evoluzione, questi oggetti ed esseri acquistano un valore interiore e infine un suono interiore. Lo stesso vale per il colore che, a uno stadio modesto di sensibilità psichica può causare solo un effetto superficiale, un effetto che scompare subito dopo il venir meno dello stimolo. Ma anche in questa situazione, quest'effetto, per quanto semplicissimo, può presentarsi secondo varie modalità. L'occhio viene attratto di più e più intensamente dai colori più chiari, e ancor più, e ancora più intensamente, da quelli più chiari e più caldi: il rosso cinabro attrae e affascina come la fiamma, che dall'uomo viene sempre guardata volentieri. Il giallo-limone squillante fa dopo un po' di tempo male all'occhio, così come una tromba che emette suoni alti ferisce l'orecchio. L'occhio diventa inquieto, non vi si sofferma a lungo e cerca approfondimento e riposo nel blu o nel verde. A un livello di evoluzione più elevato, da quest'effetto elementare ne deriva uno più profondo, che causa una scossa psichica. In questo caso 2) è presente il secondo risultato principale dell'osservazione del colore, ossia l'effetto psichico dello stesso. Qui viene in luce la forza psichica del colore, la quale provoca una vibrazione spirituale. La forza fisica prima, elementare, diventa la via attraverso la quale il colore raggiunge l'anima. Se questo secondo effetto sia veramente diretto, come si potrebbe supporre sulla base delle ultime righe, o se venga invece raggiunto mediante l'associazione, è un problema destinato forse a restare aperto. Poiché l'anima in generale è strettamente legata al corpo, può darsi che una scossa psichica ne provochi un'altra, ad essa corrispondente, per via di associazione. Ad esempio, il color rosso potrebbe causare una vibrazione psichica simile alla fiamma, poiché il rosso è appunto il colore della fiamma. Il rosso caldo ha un effetto eccitante, che può intensificarsi fino a diventare doloroso, forse anche attraverso la sua somiglianza col sangue che scorre. Questo colore evocherebbe dunque qui il ricordo di un altro agente fisico, il quale esercita inevitabilmente sull'anima un effetto doloroso. Se così fosse veramente, potremmo spiegare con facilità mediante l'associazione anche gli altri effetti fisici del colore, ossia gli effetti che esso esercita non solo sull'organo della visione bensì anche sugli altri sensi. Si potrebbe supporre anche che, per esempio, il giallo chiaro evochi in noi una impressione acida in virtù dell'associazione col limone. Non è però possibile applicare spiegazioni del genere. Per quanto concerne appunto il sapore del colore, sono noti vari esempi in cui questa spiegazione non può essere usata. Un medico di Dresda racconta di un suo paziente, da lui definito uomo "dalle doti spirituali non comuni," che sentiva sempre e immancabilmente come "blu" il sapore di una determinata salsa, ossia che la percepiva come colore blu. (Dott. FREUDENBERG. Spaltung der Persónlichkeit, in "Uebersinnliche Welt," 1908, N. 2, pp. 64-65. Si parla qui anche della percezione acustica dei colori (p. 65); l'autore osserva in proposito che le tabelle comparative non consentono però di accertare alcuna legge comparativa. Cfr. L. SABANEV, nel settimanale "Muz'ika," Moskvà 1911, N. 9, dove si preannuncia in tono sicuro il prossimo ritrovamento di una legge.) Si potrebbe forse suggerire una spiegazione simile ma nondimeno di tipo diverso, ossia che proprio negli esseri umani più evoluti le vie che conducono all'anima siano così dirette, e le impressioni psichiche raggiungibili così rapidamente, che un'azione che si eserciti attraverso il gusto arrivi immediatamente all'anima e faccia vibrare per simpatia le vie corrispondenti che vanno dall'anima ad altri organi materiali (nel nostro caso l'occhio). Si potrebbe paragonare questo fenomeno a una sorta di eco o di risonanza, quale si ha in determinati strumenti musicali quando, senza essere toccati, entrano in risonanza con un altro strumento, suonato invece direttamente. Esseri umani dotati di una sensibilità così intensa sono come buoni violini che sono stati usati molto, i quali a ogni contatto con l'archetto vibrano in tutte le loro parti e le loro fibre. Se si accetta questa spiegazione, la vista dovrebbe essere collegata non soltanto al gusto ma anche a tutti gli altri sensi. Così è infatti. Molti colori possono avere un aspetto ruvido, pungente, mentre altri vengono sentiti come qualcosa di liscio, di vellutato, cosicché li si accarezzerebbe volentieri (blu oltremare scuro, verde di cromo, lacca garanza). Anche la differenza tra freddo e caldo nella percezione del tono del colore si fonda su questa sensazione. Ci sono addirittura colori che appaiono molli (lacca garanza) e altri che si presentano sempre come duri (verde cobalto, ossido verde-blu), tanto che il colore appena spremuto dal tubetto può dar l'impressione di essere già secco. D'uso comune è l'espressione "colori profumati." Infine le qualità acustiche dei colori sono così ben definite che non esiste forse un essere umano che abbia mai cercato di rendere l'impressione del giallo squillante con i tasti bassi del pianoforte o che designerebbe la lacca garanza scura come una voce di soprano. (Nota:in questo settore sono già state condotte numerose ricerche, di carattere teorico e anche pratico. Sulla base delle molteplici analogie (anche della vibrazione fisica dell'aria e della luce) si troverà anche per la pittura una possibilità di costruire un proprio contrappunto. D'altra parte è stato compiuto con successo, nella pratica, il tentativo di far apprendere una melodia a bambini musicalmente poco dotati con l'aiuto dei colori (ad esempio mediante fiori). In questo settore ha lavorato per molti anni la signora A. Sacharyin-Unkovskij, la quale ha costruito uno speciale metodo esatto "per trascrivere la musica dei colori della natura, per dipingere i suoni della natura, per vedere i suoni cromaticamente e ascoltare musicalmente i colori". Questo metodo è usato già da anni nella scuola di colei che lo ha inventato e fu riconosciuto utile dal conservatorio di Pietroburgo. Anche Skrjabin ha redatto in modo empirico una tabella parallela dei toni musicali e cromatici, la quale è molto simile alla tabella, più fisica, della signora Unkovskij. Skrjabin ha applicato in modo molto persuasivo il suo principio nel Prometeo. Si veda la tabella nel settimanale "Muz'ika" Moskvà 1911, N. 9.) Questa spiegazione (e quindi propriamente anche quella fondata sull'associazione) non è però sufficiente in molti casi che sono per noi di particolare importanza. Chi ha sentito parlare della terapia del colore sa che la luce colorata può causare un effetto del tutto particolare sull'intero organismo. Sono stati compiuti vari tentativi di utilizzare questa forza del colore e applicarla in varie malattie nervose; anche qui si osservò che la luce rossa esercita un effetto vivificante, stimolante, anche sul cuore, e che invece il blu può condurre a uno stato temporaneo di paralisi. Se un effetto del genere è osservabile anche su animali e addirittura su vegetali, com'è di fatto avvenuto, la spiegazione fondata sull'associazione cade completamente. Questi fatti dimostrano in ogni caso che il colore ha in sé una forza poco studiata ma enorme, la quale può esercitare la sua influenza sull'intero corpo umano come organismo fisico. Se però l'associazione non ci sembra in questo caso sufficiente, non possiamo accontentarci di questa spiegazione neppure a proposito dell'azione del colore sulla psiche. In generale, il colore è un mezzo che consente di esercitare un influsso diretto sull'anima. Il colore è il tasto, l'occhio il martelletto, l'anima è il pianoforte dalle molte corde. L'artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, mette opportunamente in vibrazione l'anima umana. È chiaro pertanto che l'armonia dei colori deve fondarsi solo sul principio della giusta stimolazione dell'anima umana. Questa base deve essere designata come il principio della necessità interiore.

Kandinsky era convinto che tutti i tipi di arte fondati sulla percezione attraverso organi sensori si compenetrassero tra loro. Nel descrivere il carattere della propria pittura di quegli anni (1911-1940), utilizza termini presi in prestito dal linguaggio musicale: la sua pittura da allora entrava sempre più in una fase musicale attraverso tre gruppi di opere che egli chiama "Impressioni","Improvvisazioni","Composizioni".  Questa suddivisione, da lui stesso elaborata, basata appunto su studi preliminari ed abbozzi, indica un grado di astrazione che si sviluppa nel tempo, in un crescendo continuo.

"La pittura deve sviluppare le medesime forze che possiede la musica", dichiarava, (...) Avvertivo, in modo particolare, il desiderio di ampliare la mia esperienza di pittore al di là dei limiti imposti dalla propria arte. Già molto presto mi resi conto dell’inaudita forza d'espressione del colore. Invidiavo i musicisti, i quali possono fare arte senza bisogno di raccontare qualcosa di realistico.(…) Io volevo dipingere nuovamente i miei quadri incisivi e dai forti colori, ma avvertivo che non era possibile(...) dovevo cercare un nuovo linguaggio, un linguaggio più spirituale(...) Io sentivo dentro di me, nel mio petto, un organo, e dovevo tradurlo in colori. Solo la natura che era attorno a me mi ispirava. Questa era la chiave di tutto, portare quest’organo alla luce e tradurlo in suoni".

Dopo aver assistito ad un primo concerto di Arnold Schonberg a Monaco, nel 1911, Kandinsky si mostrò subito affascinato da tali creazioni. Scrisse al compositore, pur non conoscendolo, per manifestare tutto il suo entusiasmo e per parlargli delle forti somiglianze che notava tra la sua musica e i propri dipinti: "la musica di Schonberg ci porta in un nuovo regno in cui le esperienze musicali non sono acustiche, ma puramente spirituali".
Uno degli obiettivi principali di Kandinsky era quello di poter creare una serie di regole pittoriche, che avrebbero influenzato l'arte futura, così come nella musica esisteva già la teoria e l’armonia riviste dallo stesso Schonberg, creatore della musica atonaleA breve distanza dipinse Impressione III, 1911. Una elaborazione pittorica delle forti sensazioni interne che quel concerto aveva suscitato in lui. In seguito, questo dipinto, fu l'occasione per un fitto scambio di lettere fra i due artisti tra il 1911 e il 1914.  Sulla tela è presente una grande macchia nera che ricorda un pianoforte, strumento importantissimo nel concerto di Schonberg, e sulla sinistra altre forme, suggeriscono la presenza del pubblico. 
Il colore dominante è il giallo: "A questa altezza esso risuona come una tromba che suona sempre più forte o a un tono di fanfara portato al suo livello massimo Il nero risuona interiormente come un silenzio, apparentemente è un colore senza suono, sul quale tuttavia tutti gli altri colori suonano con maggior forza e precisione".


Improvvisazione 19, 1911.
Kandinsky diede a questo quadro anche il titolo di Suono azzurro. Come nell’impressione III dello stesso anno, anche qui un unico colore domina il quadro, in questo caso un azzurro applicato con il pennello asciutto. "Tanto più scuro è l'azzurro tanto più esso attira l'uomo nell'infinito, risveglia in lui la nostalgia del puro e, in fin dei conti, del soprasensibile. È il colore del cielo come noi ce lo immaginiamo al suono della parola cielo”.


Questo concetto di "necessità interiore" sarà un concetto chiave della teoria di Kandinsky, che verrà da lui sempre ripetuto come leitmotiv per la creazione delle sue opere:

"Il mio libro 'Sullo spirituale nell'arte' aveva soprattutto lo scopo di risvegliare questa capacità di esperienza dello spirituale nelle cose materiali e astratte, capacità che consente infinite esperienze, indispensabili in futuro. Il desiderio di suscitare questa felice capacità negli uomini che non la possedevano ancora (…) Noi partiamo dall'idea, che il pittore, oltre alle impressioni ricevute dall’esterno, raccolga continuamente emozioni dal proprio mondo interiore, scegliendo tra le forme artistiche quelle capaci di esprimere con forza, solo ciò che è necessario per raggiungere la cosiddetta sintesi artistica. Assoluta libertà, dunque, di forma e di stile, per una pittura impegnata non a risolvere il problema del come narrare, ma del che cosa esprimere nell’opera, per dare ad essa una nuova risonanza spirituale".

Un trattato teorico ricco di analogie, un particolare modo di vedere le cose di efficace bellezza; opera nella quale ha dato forma compiuta alla propria concezione artistica, e ha dato fondo alla propria creatività.

"Mi sembrava che l'anima viva dei colori emetesse un richiamo musicale, quando l'inflessibile volontà del pennello strappava loro una parte di vita. Sentivo a volte il chiaccherio sommesso dei colori che si mescolavano; era un'esperienza simile a quella che si sarebbe potuta fare nella misteriosa cucina di un alchimista". 
Vassilij kandinskij


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sabato 23 ottobre 2010

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giovedì 21 ottobre 2010

Creativi non si nasce e nemmeno si muore


Composizione, Carla Citarella, Decorazioni per interni, Tecnica mista

Pubblico un'intervista interessante del giornalista Gino Dato, tratta dal quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno, riferita allo splendido libro di Annamaria Testa, La trama lucente, dedicato alla creatività.

Che cos'è il talento? Non basta avere delle buone idee, ma è necessario saperle attuare. Come? Con una continua applicazione
La trama lucente è quella che nella nostra mente unisce le intuizioni. Che ci fa passare dall'idea alla pratica. Che fa la pratica un atto etico, di utilità per il genere umano. La creatività dobbiamo imparare a  riconoscerla, a rispettarla e a coltivarla. E possiamo farlo in compagnia di Annamaria Testa che da oltre trent'anni si occupa di comunicazione e creatività. Consulente per le imprese, docente presso l’Università Bocconi, il suo ultimo saggio per Rizzoli s'intitola La Trama Lucente. 

Lei  parla della dimensione "progettuale ed etica" della creatività. Che vuol dire?
La creatività non consiste nel far venire solo in mente qualcosa. Bisogna essere capaci di tradurlo in realtà. È qui c’è la dimensione progettuale. E bisogna che quel qualcosa sia appropriato, efficace, utile alla collettività: ecco la dimensione etica. Per esempio, se passo il mio tempo a fantasticare su un nuovo romanzo ma non scrivo una riga; o immagino un nuovo farmaco ma non entro in laboratorio; o penso a un nuovo prodotto, a un edificio, a un vestito, ma non verifico che sia realizzabile … Ecco in questi casi mi diverto, ma non  sto facendo un lavoro creativo. E non è creativo il risultato se il farmaco è dannoso, il romanzo è un accrocchio di parole senza senso, il prodotto è una truffa, l’edificio crolla, il vestito ha tagli impossibili.

Alla fine del suo viaggio attraverso il tempo, possiamo definirla la creatività?
L'idea che esiste una facoltà umana di inventare è una conquista del Novecento. Al tempo dei romani e dei Greci la creatività è considerata esclusiva degli dei, e il concetto di genio rimanda un demone che 'possiede'  l'individuo. Sono  gli artisti del Rinascimento e gli scienziati del Seicento, da Copernico e Galileo e Newton, a immaginare l'essere umano come protagonista delle invenzioni, capolavori e scoperte: nella genialità non c’è niente di soprannaturale, ma solo la migliore espressione dell’intelligenza e della volontà. Il Novecento, con la scoperta della dimensione inconscia, dà conto dell’aspetto più misterioso del processo creativo: la fase di incubazione che avviene dopo che (e solo se) si sono presi  in esame tutti i dati del problema, e che culmina nella sintesi nuova frutto dell'illuminazione creativa.

Qual è la percezione collettiva che si ha oggi sulla creatività? 
Dobbiamo distinguere. Nel nostro Paese tendiamo ad etichettare come "creativi" comportamenti stravaganti, idee bizzarre, qualsiasi forma di bricolage ludico. E la trasgressione più gratuita. Questa attitudine (ce lo dicono le ricerche) è diffusa presso i giovani e le classi medie, che da una parte vedono il talento come un dono dal cielo che riguarda pochissimi grandi geni, dall'altra pensano che la creatività, per tutti gli altri coincida o con l'arrangiarsi o con il fare stranezze e  il fantasticare. È una visione riduttiva e rinunciataria.

Perché? 
Riduttiva perché la creatività è il segno distintivo del genere umano, la capacità che ci ha permesso di sviluppare le arti, le scienze e la tecnologia. Ed è una visione rinunciataria perché implica il rifiuto di mettersi in gioco e di impiegare il proprio talento in maniera produttiva. Invece sia nel mondo anglosassone che nei Paesi emergenti dell'estremo Oriente, la creatività e il suo sviluppo vengono ormai considerati strategici per l’economia e centrali nei processi educativi. Si crede che la creatività sia solo un fatto  di talento innato, ma non è così: ci vogliono educazione di base, competenze specifiche, prove ed errori, tenacia. E almeno (ce lo dice il Nobel Simon) dieci anni di applicazione intensiva ed esperta per produrre qualcosa di nuovo, nelle discipline più diversi: dagli scacchi, alla pittura, alla matematica...

Come si può coltivare il pensiero originale e utile della creatività?
Facendosi domande. Osservando. Essendo curiosi. Educando i ragazzini a nutrire pensieri non conformisti ma organizzativi e produttivi. La scuola è importantissima.

La creatività evolve con l'uomo? O può declinare?
Non necessariamente la creatività declina con l'età. Ma si spegne se non è alimentata dalla passione e dall'esercizio. Se viene incensurata o ignorata da ambienti non favorevoli, o se si scontra con il pregiudizio: in particolare, il pregiudizio di genere  ha frustrato  per secoli la creatività delle donne. Che solo oggi, finalmente, almeno nei  Paesi sviluppati accedono in massa all'educazione, e in futuro saranno, credo, "la" nuova grande risorsa creativa del mondo. 


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lunedì 13 settembre 2010

A.I.E.Psi. Convegno 27 Ottobre 2010

Carissimi,

ho il piacere di segnalarVi che il 27 ottobre 2010, ore 15.00, presso l’Hotel Excelsior Congressi, Via G. Petroni, 15, Bari, si terrà il Convegno dal titolo: "Psicologia Scolastica, Prevenzione Psicologica, Psicoevoluzione", organizzato dall'A.I.E.Psi., Associazione Italiana di Evoluzione e di Psicoevoluzione.

Il Presidente dell'A.I.E.Psi., dott. Massimo Frateschi introdurrà il programma del Convegno. Interverranno su molteplici argomenti Autorità, Relatori ed Esperti per promuovere la divulgazione e l’approfondimento di tematiche psicologiche di ampia portata scientifica, pragmatica e applicativa a favore della società e della collettività, con particolare attenzione alla prevenzione e allo sviluppo della salute e del benessere della popolazione infantile e adolescenziale.

Il programma completo relativo all'evento è qui di seguito: scarica PDF
 

lunedì 28 giugno 2010

Tra Arte e Scienza: Un Viaggio nella Pittura

Nelle opere degli artisti, in generale, si combinano progettazione e immaginazione, in questo senso lo studio di un artista è come un laboratorio scientifico: nel suo lavoro è sempre alla ricerca di nuove idee, per trovare nuove forme di espressione.
Quando nel corso del Rinascimento si cominciò a studiare la natura con grande esattezza e a fare esperimenti scientifici, molti artisti furono affascinati da tale tipo di ricerca, dal momento che volevano conoscere il meccanismo e la funzione delle cose e non solo l'aspetto esteriore. L'esempio più noto è Leonardo da Vinci (1452-1519); alcuni dei disegni più belli sono proprio schizzi eseguiti a scopo scientifico: tutti rivelano un'accuratezza estrema e un'osservazione meticolosa sia sulla struttura del corpo umano, sia sulla struttura del mondo naturale.

Disegni Anatomici di Leonardo Da Vinci

Le ricerche scientifiche contemporanee influenzarono grandemente anche il modo di dipingere di alcuni pittori: Georges Seurat, Paul Signac, ed altri, subirono l'influsso delle ricerche sulla natura fisica della luce e del colore; "La tecnica pittorica, dicevano, è dunque una tecnica di conoscenza che non può essere esclusa dal sistema culturale del mondo moderno eminentemente scientifico".
In particolare Georges Seurat (1859-1891) fondò il Neo-impressionismo o Impressionismo scientifico, basandosi su una serie di ricerche fisiche e fisiologiche:
  1. Eugène Chevreul (1786-1889) Legge del contrasto simultaneo dei colori (1839), sulla miscelazione ottica, e il suo successivo studio dal titolo Su i colori e sulla loro applicazione nella professione artistica con l'aiuto dei dischi dei colori (1864); 
  2. Ogden Nicolas Rood (1831- 1902) Modern Chromatics (1879), inerente nuovi studi sui colori complementari e sulle leggi ottiche della loro percezione. Questo studio è stato successivamente ripubblicato in edizione francese nel 1881, con il titolo Teoria scientifica dei colori e della loro applicazione nell'arte e nell'industria; 
  3. David Sutter (1811-1880) I fenomeni della visione (1880), una serie di articoli sulla natura della luce e sui processi visivi; dopo aver studiato tali teorie scientifiche, e specialmente la legge dei contrasti simultanei o dei colori complementari, Seurat instaurò la tecnica pittorica del Puntinismo (Pointillisme) o Divisionismo.
Georges Seurat, La Senna vista dalla Grande Jatte, 1888

Inizialmente Seurat, tutto questo processo, avrebbe voluto chiamarlo cromo-luminarismo, ma poi si decise per Divisionismo. Più comuni divennero la denominazione di Signac, Puntinismo, e quella più storica-evolutiva di FènèonNeoimpressionismo o Impressionismo scientifico (1886); un metodo esatto, consistente nella divisione dei toni nella loro componenti, cioè in tante piccole macchie di colori puri accostati tra loro e non miscelati, in modo da ricomporre, a una certa distanza, nell'occhio dell'osservatore, l'unità del tono (luce-colore). 
Questi colori appaiono più luminosi rispetto a una miscelazione tradizionale sulla tavolozza. Così, per esempio, punti di azzurro e di giallo puro come colori complementari danno il verde, inoltre è possibile rafforzare l'intensità dei colori se l'occhio li percepisce contemporaneamente in contrasti simultanei.

Lo stesso Pissarro pittore impressionista ha insistito sull'importanza delle scoperte di Chevreul precisando che senza il suo contributo, non avrebbe potuto distinguere fra colore puro e luce, ovvero non avrebbe potuto usare in maniera corretta i colori primari, complementari e contrastanti. In termini ricettivi, i toni dei colori complementari vengono recepiti come contrastanti, perchè fra loro non si riesce a combinare un accostamento armonico. Si armonizzano bene, invece, i toni dei colori che sono contigui nel cerchio cromatico inventato appunto da Eugène Chevreul.


In generale "per il carattere tecnico-scientifico del Neo-impressionismo, scrive Argan, è di fondamentale importanza: che l'analisi della visione avvenga nel procedimento tecnico; che, scomponendo la sensazione visiva, si riconosca ch'essa non è una semplice impressione, ma ha una struttura e si sviluppa attraverso un processo; che il quadro venga costruito con la materia-colore e che questa abbia un carattere funzionante, come gli elementi di una architettura; che il quadro non venga considerato più uno schermo su cui si proietta l'immagine, ma come un campo di forze interagenti che formano e organizzano l'immagine". (Giulio Carlo Argan: L'arte Moderna, 1970). 

Ecco una concezione estetica ricca di conseguenze per tutte le correnti artistiche del cosiddetto "Moderno": nasce un nuovo spazio pittorico più totalitario in quanto ingloba tutto ciò che si vede in un'unica percezione. Nel 1904-06, divenne un'importante fonte di ispirazione per il Fauvismo e per l'Espressionismo; lo sarà in seguito anche per il Futurismo e per il Cubismo. Insomma, queste correnti, assimilarono la teoria puntinista senza però seguirne rigidamente le formule tecniche. 
Le ricerche condotte, avevano lasciato per sempre l'ideologia su cui era fondata la pittura accademica: la fedeltà coloristica. Il colore, in questi movimenti, aveva raggiunto una tale autonomia espressiva che andava oltre l'imitazione della natura: ciò consentiva, per esempio, di raffigurare dei cavalli di colore blu, se questo corrispondeva alla sensibilità e agli obiettivi del pittore in quel momento, anche se nella realtà i cavalli non avevano ovviamente quel tipo di colorazione. Questo principio, divenne, uno dei fondamenti della pittura espressionista. 

Franz Marc, Cavalli Rossi e blu, 1917 

Continuiamo, infatti, il nostro viaggio. In seguito il gruppo Neo-impressionista si scioglie e ognuno prosegue per conto suo le sue ricerche e il suo lavoro. Il XX secolo si apre con un esplosivo e rivoluzionario affermarsi del colore: l'evoluzione della pittura è una continua rivoluzione fatta di crisi, di rivalità, di manifesti; un continuo dibattito tra forma e colore; cominciano ad apparire nuovi nomi nelle esposizioni, negli ateliers e nelle accademie; si arriva così alla nascita dell''Espressionismo. L'Espressionismo è un fenomeno europeo con due focolai distinti: Il movimento francese dei Fauves (Matisse) ed il movimento tedesco Die Brucke (il ponte). I due movimenti si sono formati quasi contemporaneamente nel 1905 e sboccano rispettivamente nel Cubismo (Picasso) in Francia (1907) e nella corrente Der Blaue e Reiter (il cavaliere Azzurro, Kandinsky, la prima manifestazione dell'espressionismo astratto in Germania, 1911). 

Questo rivoluzionario affermarsi del colore esplode pubblicamente nel 1905, al Salon d'Automne, dove espongono Matisse (1869-1954), Andrè Derain e altri di varia provenienza e cultura che si trovano accomunati dall'epiteto lanciato da Louis Vauxcelles (critico d'arte e inventore del movimento fauvista e cubista) "les Fauves!" (le belve!). La sala in cui erano state accolte le loro tele era palpitante di colore: una cosa del genere non si era mai vista! Tanto che venne scritto "Un barattolo di colore è stato lanciato in faccia al pubblico!". Del 1906 è il celebre dipinto di Matisse intitolato "La joie de vivre"Nel 1908 apre una scuola di pittura a Parigi; sulla Grande Revue; pubblica Les notes d'un peintrè; dove espone le proprie teorie sulla pittura. Con Matisse il colore acquista un'autonomia espressiva: libera il colore "dall'imbrigliamento del segno" ossia dal legame con l'oggetto raffigurato.

Henri Matisse, La gioia di vivere, 1905

Era però un periodo di grandi cambiamenti sociali, culturali, scientifici, filosofici, tecnologici. Dal 1880 le novità e le ricerche si susseguivano senza tregua, i fondamenti stessi della scienza e dell'arte erano stati messi in discussione. Nel 1907 i futuristi e i cubisti avevano così distrutto lo spazio concreto rappresentandolo secondo una prospettiva centrale, rendendo possibile la molteplicità della visione (simultaneità). 

Giacomo Balla,  Automobile + velocità + luce, 1913 Acquerello e seppia su carta

Semplificazioni di questo genere sono comode, ma non tengono conto della complessità della creazione artistica che è un cammino lungo, una serie di tentativi, difficili da inquadrare in schemi; la produzione dei pittori moderni è dispersa nelle innumerevoli correnti della moderna, ricerca estetica. Picasso (1881-1973), amico di Matisse e Apollinaire (storico del movimento cubista) si trasferisce definitivamente a Parigi, seguirà il suo periodo rosa; (1904), preceduto dal suo periodo blu. Nel 1906 sollecitato dalla pittura ci Cezanne, dall'arte primitiva e dalla scultura africana (cultura europea a cavallo fra il XIX e il XX secolo), inizia a dipingere Les Demoiselles d'Avignon, che termina nel 1907 (il quadro ha conosciuto continue rielaborazioni, prima della versione definitiva). 

L'opera segna la data di nascita del Cubismo, ovvero la sintesi delle tre dimensioni nello spazio. Era lo scandalo dell'arte moderna. Picasso esclude la distinzione tra forma e spazio, demolendo  il principio fondamentale della prospettiva: l'unicità del punto di vista. Rappresentata cinque figure femminili, con la presenza di alcuni volti che ricordano le sculture africane. Le figure sono schematizzate composte e ricomposte sulla tela, ciò porta a moltiplicare i punti di vista, per esempio, dei volti, che appartengono allo stesso modo alla figura e allo spazio, così da ottenere una rappresentazione totale.

Pablo Picasso, Les Damoiseles d’Avignon, 1907

Il termine "cubismo" nasce grazie ad un'osservazione di Matisse davanti a un paesaggio, l'Estaque, di Georges Braque, esposto al salon d'Automne nel 1908. La frase di Matisse: "Piccoli cubi", fu raccolta da Vauxcelles (il solito!) che, per primo, usò la parola cubismo in un suo articolo.
I cubisti (giustamente!), non furono contenti dell'etichetta che gli era stata applicata: "l'idea che questa parola suscita, quella dei volumi, non basta a definire un movimento che tende alla realizzazione integrale della pittura!".

Georges Braque, L'Estaque, 1908

Non a caso gli storici contemporanei considerano il cubismo un'arte di ricerca. Picasso sostiene: "Io non cerco, trovo". Cosa implica? Si giunge alla quarta dimensione: cioè entra in gioco il fattore tempo. Dell'oggetto il pittore intende offrire una visione completa, che non tenga conto del tradizionale punto di vista immobile dell'osservatore come accadeva nell' immagine naturalistica: se ne deduce che se nella semplice visione lo stesso oggetto non può esistere in momenti diversi e in forme diverse, ma solo ad un istante della percezione, in quella realtà mentale che è lo spazio, lo stesso oggetto può esistere con più forme diverse che, ovviamente, hanno situazioni diverse. Col cubismo analitico (1908) portato avanti da Picasso e Georges Braque (1882-1963) la continuità fra l'oggetto e lo spazio divenne assoluta. Picasso, per esempio, ricostruisce le cose nella continuità dello spazio mediante forme geometriche: gli oggetti reali sono rappresentati simultaneamente sulla tela, da punti di vista differenti (Natura morta con chitarra, 1942). 

Pablo Picasso, Natura morta con chitarra, 1942

I rapporti tra forma e spazio cambiarono per sempre il corso dell'arte occidentale, "Fornendo la possibilità di interpretare momenti e movimenti nella suggestività di angolazioni inconsuete da un continuum spazio-temporale" (Lavigno, E: L'arte moderna dai neoclassici ai contemporanei, 1961).
Anche Kandinsky (1866-1944) era affascinato dalla scoperta dell'arte primitiva: in realtà Picasso non fu il primo a scoprire la scultura primitiva africana, c'erano già arrivati i Fauves e gli espressionisti seguendo la traccia dell'esotismo e del primitivismo di Gauguin.

Wassily Kandinsky, Improvvisazione 6 (Africana) 

Kandinsky raccogliendo le intuizioni di Gauguin, Seurat, Cèzanne, tra il 1910 e il 1920, ha rivoluzionato il linguaggio delle arti plastiche. Così scriveva di sé: "Pittore, grafico e scrittore; è stato il primo a porre la pittura sul terreno dei mezzi espressivi puramente pittorici e eliminare gli elementi oggettivi dell'immagine". Kandinsky ha infatti esposto le sue idee in due lunghi saggi: Lo Spirituale nell'Arte (1911) Punto, linea sul piano (1926). "L'autenticità dell'opera d'arte, scrive, non dipende dal suo convenzionale aspetto esteriore, ma dalla vita interiore che essa è in grado di esprimere; e la questione della forma è secondaria, quando il contenuto proviene dalla necessità interiore dell' artista". 

Forme e colori vanno associati in base al principio della "necessità interiore" e quindi assumono un preciso significato simbolico. Inoltre, "Il quadro non è una trasmissione di forme, ma una trasmissione di forze, che agiscono simultaneamente. Si serve dei colori come forze che possono sommarsi o sottrarsi: secondo i casi, cioè secondo gli impulsi che prova, si vale dell'una per arginare oppure per sospingere e rilanciare l'altra". "Ci sono poi i segni, sono indicazioni di possibili moti tracciati che suggeriscono la direzione e il ritmo delle macchie colorate sulla carta. Ora che possiamo considerare i segni forze in atto, possiamo considerare la superficie un campo di forze". 

È stato Kandinsky a sostituire procedendo così parallelamente alla scienza fisica la nozione di campo alla nozione di spazio: campo è precisamente, una porzione d'infinito determinata dalla interazione di forze agenti simultaneamente, ed il suo insieme forma un sistema dinamico". Questa è una sintesi di Argan sulla dottrina divulgata da Kandinsky: in Punto, linea sul piano (1926). In questi anni prevale il motivo del cerchio: "Questa figura" spiega Kandinsky "Ha origine dall'azione che due forze esercitano simultaneamente sul punto"; il cerchio per la sua compiutezza in senso spirituale è l'indicazione più chiara per la quarta dimensione". È la posizione antitetica a quella di Picasso.

Wassily Kandinsky, Alcuni Cerchi, 1926

Il viaggio termina qui; ovviamente il campo è così vasto che permette di fare un'infinità di discorsi uno più affascinanti dell'altro, io ho dato il mio punto di vista. Riguardo alla relazione tra la scoperta dell'artista e quella dello scienziato, l'atto creativo in entrambi i processi viene inteso come un mezzo di ricerca. Come dire, ogni momento storico ha una propria visione dello spazio e di ciò che lo occupa. Entrambi gli sviluppi (Picasso, Kandinsky), nella propria genialità, vennero considerati come la conseguenza di quella nuova immagine del mondo che la scienza aveva fornito: nel 1905 Albert Einstein sviluppò la teoria della relatività.

martedì 1 giugno 2010

Arte e Scienza


Sembrerà strano, ma cosa accomuna realtà così apparentemente disparate? È il modo di indagare approfonditamente la realtà: entrambe, sono modi per cogliere gli aspetti meno immediati delle cose.

Curiosità, Emozione, Bellezza, Creatività,   Immaginazione, Fantasia, Esplorazione, Innovazione, Conflitti del cuore e della mente, Amore per la conoscenza e per la scoperta, sono le caratteristiche relegate non solo al mondo dell'arte.

Lo scienziato Albert Einstein è l'espressione massima. Infatti, quando parlava di teoria della relatività, scriveva in Come io vedo il mondo

"La religione cosmica è l'impulso più potente e nobile della ricerca Scientifica. Solo chi può valutare gli sforzi e soprattutto i sacrifici immani per arrivare a quelle scoperte scientifiche che schiudono nuove vie può rendersi conto del sentimento (…). Quale gioia profonda al cospetto dell'edificio del mondo, quale ardente desiderio di conoscere (…) dovevano possedere Kepler e Newton, per avere potuto in un solitario lavoro di lunghi anni, svelare il meccanismo celeste".

Spinto da una curiosità intelligente, sosteneva: "Lo studio e, in generale, la ricerca della verità e della bellezza sono una sfera di attività nella quale ci è consentito di rimanere bambini per tutta la vita".

Di qui il legame con l'immaginazione si fa più stretto: "L'immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l'immaginazione abbraccia il mondo";

"I concetti della fisica sono libere creazioni della mente umana e non sono, comunque possa sembrare, unicamente determinati dal mondo esterno".

Potere dell'immaginazione e scoperte scientifiche: così arte e scienza si riscoprono profondamente, legate indissolubilmente.

domenica 16 maggio 2010

Tra realtà e coscienza: Arte come espressione


Paul klee, Once Emerged from the Gray of  Night, 1918
Technique: watercolor

Lo studio della storia dell'arte, non può andare disgiunto da quello della storia umana, perché come ho già detto in un articolo precedente (qui), attraverso gli artisti, fu filtrato uno stato d'animo universale.

Per avere una idea chiara dell'evoluzione della storia dell'arte, occorre rifarsi ai movimenti che nacquero e si svilupparono negli ultimi settant'anni. Leggendoli si impara che si sono succeduti in un ordine cronologico ben preciso: Impressionismo, Neo-Impressionismo, FauvismoEspressionismo, Cubismo, FuturismoAstrattismoSurrealismo, Metafisica, l'Arte tra due guerre  (Novecento, Architettura Razionalista) e infine l'Arte del secondo dopoguerra (Espressionismo Astratto, Informale Europeo, Happening, New Dada Statunitense, Noveau Realisme Europeo, Pop Art, Minimalismo, Arte Concettuale, Land Art, Arte Povera). 

In questa evoluzione storico-artistica, la consapevolezza del proprio ruolo nella società, porta gli artisti a riconoscersi in un medesimo indirizzo artistico, adottano una tecnica specifica, rintracciabile talvolta sin dal nome della formazione; elaborano un manifesto teorico è lo strumento tipico che regola la vita del gruppo degli artisti; si riuniscono attorno ad una rivista che indica il primo nome di una teoria, o attorno un luogo, ovvero una località che diventa "Scuola", Scuola di Pont-Aven, un istituto come il Bauhaus; sono rappresentati da un mercante o un gallerista; a volte è la critica stessa a identificare tendenze comuni a diversi artisti.

Nacquero così numerose scuole e tendenze diverse, ma tutte con un sottofondo uguale, esasperato: rottura con il passato e presente, episodi di resistenza verso etichette, spontaneità, poesia, libertà di espressione. Vi si poteva, insomma, introdurre pur mantenendo un realismo dell'immagine, un tocco inconfondibile, una atmosfera personale, la propria soggettività.

Questa libertà espressiva, portò l'artista a creare nuove tecniche, destinate a dar voce a espressioni artistiche assolutamente rivoluzionarie e innovative, un vero e proprio laboratorio di nuove indicazioni e sperimentazioni: supporti, materiali, elementi compositivi, tipologie iconografiche, caratteri stilistici. Lo stesso avvenne nella scultura, nella letteratura, nella musica, e nella fotografia.

Questo modo di vedere e di esprimersi sarà quello di tutta la storia: da allora l'arte ha acquisito un valore liberatorio più marcato, a tema aperto, senza cornici rigide, e con aree di riflessioni secondo un approccio multidisciplinare.

martedì 27 aprile 2010

"Progetto Psicoevoluzionista di Configurazione dei Multiparametri Creativi" (Frateschi M., Citarella C., Minervini V.R.) Quarta parte

La metodologia psicologica - Dott.ssa Valeria Rosaria Minervini

La metodologia psicologica del P.C.M.C. è di tipo qualitativo pertanto i progettisti hanno ispirato il loro operato a criteri di:
  • Situatività e contingenza: dei metodi, dei risultati e della loro interpretazione.
  • Validazione da parte dei partecipanti: i partecipanti hanno un ruolo fondamentale anche dopo che lo psicologo ha raccolto i dati, essi ne confermano la validità rendendo più credibile la ricerca.
In particolare all'interno della metodologia qualitativa si è proceduto servendosi del metodo dell'osservazione ecologica (Mazzara, 2002). L'osservazione come metodologia di ricerca si differenzia dal semplice "guardarsi attorno" in quanto è uno sguardo intenzionale attivo e soprattutto selettivo, che tende a mettere a fuoco ciò che l'osservatore ritiene più rilevante e significativo in relazione ai suoi interessi, alle sue motivazioni, alle ragioni che hanno promosso la rilevazione dei dati.
Essa si basa sull'assunto che vi sia una forte interdipendenza funzionale tra organismo, comportamento e ambiente, la quale porta all'imprescindibilità dell'osservazione comportamentale dei soggetti all'interno dei loro contesti di vita quotidiani; per questo motivo l´osservazione è detta ecologica (Baumgartner, 2004).
Si è proceduto pertanto alla descrizione il più possibile fedele e completa delle caratteristiche di un particolare evento/comportamento/situazione e delle condizioni in cui si verifica (Braga e Tosi,1998) facendo ipotesi in merito all'effetto dell´ azione del P.C.M.C. all'interno dei luoghi di vita quotidiani.
Nello specifico la fase di "congelamento" della situazione da osservare (Boscolo, 1974) è consistita nell'analisi della cultura organizzativa scolastica (macro contesto) e del clima delle classi (micro contesto). Il macro contesto è stato analizzato secondo il modello della cultura organizzativa (Schein, 1986); pertanto si è andato alla ricerca di tre aspetti:
  • gli artefatti, che rappresentano il livello più superficiale e più manifesto della cultura di un'organizzazione: lo spazio, il layout, la cartellonistica, il linguaggio scritto e parlato, il dress code, la tecnologia;
  • i valori dichiarati, che rappresentano il livello intermedio: strategie, obiettivi, filosofie, ideologie, aspirazioni espresse che orientano le scelte e le azioni socialmente premiate e premianti;
  • gli assunti di base, che rappresentano il livello culturale più profondo e inconsapevole: sono gli assunti impliciti e scontati, che determinano in maniera automatica le percezioni, le credenze, i sentimenti, i pensieri di base dei componenti di un gruppo.
Per quanto riguarda il clima organizzativo si è rivisitato un concetto ad esso precedente ovvero quello di clima sociale introdotto da Lewin, Lippit e White (1939). In particolare Lewin parla del clima sociale in termini di atmosfera riferendosi alle condizioni di tipo psico-sociale che si vengono a creare nei gruppi"(...) l'atmosfera è qualcosa di intangibile, una proprietà della situazione sociale complessiva" (Lewin,1948, p.114).
L'osservazione prende spunto da questo concetto sviluppando un modello di organizational climate (Argyris, 1958) per l´analisi del clima all'interno del luogo in cui verrà svolto il progetto. In base a tale modello si sono esaminate le procedure e le posizioni formali dell'organizzazione; i fattori personali ovvero i bisogni, valori e capacità individuali e l´insieme delle variabili associate con gli sforzi degli individui per confermare i propri fini e quelli dell'organizzazione. Queste variabili nel loro complesso permettono di definire l'organizational behavior ovvero "quel "livello di analisi discreto" risultante dall'interazione di livelli di analisi individuale, formale, informale e culturale" (Argyris, 1958, p. 516). 
In seguito alle attività svolte con l'operatrice artistica, si è proceduto a interviste di gruppo con relativa analisi dei dati discorsivi. Per quanto concerne questi ultimi, ci si è ispirati al pensiero di Lacan che, in linea con Freud, è convinto che il soggetto non possa essere ridotto alla propria autocoscienza. In particolare rifacendosi alla linguistica di Saussure, Lacan (Bernini, 2008) sostiene che ci sono strutture che preesistono al soggetto, che lo determinano e lo costituiscono senza che egli abbia la capacità di padroneggiarle ma al contrario, è a loro sottomesso. Queste strutture sono il linguaggio e l'inconscio, strettamente interconnesse in quanto anche l'inconscio, per Lacan, è strutturato come un linguaggio (si manifesta infatti attraverso figure retoriche, quali metafore, metonimie,ecc.).
Inoltre, si può aggiungere che: "anche grazie alle scoperte sulla memoria "implicita" e non consapevole, custodita dall'amigdala, la parte primordiale del nostro cervello, si sedimentano già dalla fase prenatale, le percezioni delle voci, dei suoni, dei rumori, degli sfondi nel "campo organismo madre" con fenomeni multipli simultanei pieni di significati arcaici vitali, inglobati nella motivazione intrinseca strutturale" (Frateschi M., 1988, 2009).
Facendo leva su questi presupposti teorici i dati discorsivi del P.C.M.C., sono stati esaminati tramite l'Analisi del discorso secondo l'approccio diatestuale: tramite tale analisi si cerca di indagare la Soggettività, l'Argomentatività e la Modalità dei testi (modello di SAM) ovvero di rispondere a tre interrogativi: Chi dice? Perché dice? Come dice?. A tal fine si è andati alla ricerca di opportuni marcatori del discorso di Soggettività (agentività, affettività, embrayage e debrayage), Argomentatività (enjeu, narratività, logoi e antilogoi), Modalità (marcatori metadiscorsvi, di genere discorsivo, di opacità) (Laneve, C. a cura di, 2007).


BIBLIOGRAFIA
Argyris, C. (1958). Some problems in conceptualizing organizational climate: a case of study of a bank, Administrative Science Quarterly, vol. 2, pp. 501- 520).Aumgartner E. (2004). L'osservazione del comportamento infantile, Carocci, Roma.
Bernini L. (2008). Le pecore e il pastore. Critica, politica, etica nel pensiero di Michel Foucault, Liguori, Napoli.
Boscolo P. a cura di, (1974). Psicologia dell'educazione. Insegnamento e apprendimento, Martello-Giunti, Milano-Firenze.
Braga P., Tosi P. (1998). L'osservazione. In S. Mantovani (a cura di), La ricerca sul campo in educazione. I metodi qualitativi, Milano, Mondadori.
Frateschi M. (1988). Communication. Advanced Studies in Group Psychology. La Jolla University, San Diego, California, U.S.A. Frateschi M. (2009). Una Strategia Progettuale di Psicologia Scolastica. Relazione presentata all'Evento Formativo ECM, Giornata di Studio su: "La prevenzione psicologica nei contesti scolastici" Ordine degli Psicologi della Regione Puglia, Bari.
Laneve C. (a cura di) (2007). Analisi della facoltà di scienze della formazione. 1995-2005 Tomo I. SAGGI, Laterza, Bari.
Lewin K., Lippit R. and White R. (1939). Patterns of aggressive behaviour in experimentally created "social climates. Journal of Social Psychology 10:271-99.
Lewin K. (1948) Resolving social conflicts; selected papers on group dynamics. Gertrude W. Lewin (ed.). New York: Harper & Row, p.114. Mazzara B. M.(2002). Metodi qualitativi in psicologia sociale: prospettive teoriche e strumenti operativi, Carocci, Roma.
Schein E. H.(1986). Verso una nuova consapevolezza della cultura organizzativa in P.Gagliardi ( a cura di) - Le imprese come culture- Milano-ISEDI.